venerdì 26 dicembre 2014

3.LA PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE: DAGLI ANNI 60 AD OGGI

Negli anni 60' si assiste alla crisi della psicologia dell'educazione ispirata alla learning theory.

Vi concorrono il declino generale del comportamentismo, quello più specifico della tradizione del condizionamento operante e il sostanziale fallimento dei tentativi di applicare a scuola i principi della learning theory.

Nel tentativo di rilanciare la psicologia dell'educazione diversi studiosi svilupparono delle teorie.
Tra questi troviamo Carl Ramson Rogers (1902-1987) , che sulla base della teoria umanistico-esistenziale della personalità e dell'esperienza della psicoterapia è convinto che le persone vivono bene, rendono e lavorano bene se vengono a trovarsi in un clima interpersonale facilitante, che consente a ciascuno di esprimersi e affermarsi, integrandosi nella realtà in modo che sia possibile per tutti l'auto-attualizzazione.
E così anche nello studio a scuola; se c'è apprendimento significativo, se si imparano cose che contano per la vita in un clima favorevole si sta bene e si rende.
Altrimenti, quando l'apprendimento è non-significativo e avviene in un clima ostile, i risultati sono scadenti sia sul piano dell'istruzione sia della formazione della persona.
Per Rogers sono gli insegnanti che, con il loro intervento personale, devono farsi carico di trasformare la scuola.
L'ideale è lo stile educativo non direttivo: il docente evita di imporre contenuti, ritmi, compiti e non valuta unilateralmente, ma contrattualmente.

In seguito alle novità introdotte da Rogers, Jerome Bruner si è avvicinato ai problemi dell'educazione perché impegnato nella riforma dei programmi con cui il governo degli Stati Uniti tentò di porre rimedio al degrado che stava divagando in molte scuole.
A suo avviso è vero che la scuola deve formare alla vita, ma per riuscire nella vita bisogna essere capaci di pensare adeguatamente, di usare gli strumenti concettuali per trattare la complessità ambientale e padroneggiarla.
Le grandi discipline, come la matematica, la fisica, la storia, la letteratura sono importanti non tanto per i contenuti specifici, quanto per i modelli mentali, le logiche che implicano.
Lo strutturalismo di Bruner prevede che, se si entra nell'ottica di sfruttare le discipline per le strutture concettuali e le forme mentali che possono fornire, possiamo realizza l'idea che “qualsiasi materia può essere insegnata a chiunque, a qualsiasi età, in una forma che sia onesta”.
Bruner è contro il nozionismo: la scuola deve insegnare a padroneggiare i modelli mentali di tutte le discipline attraverso un procedimento a spirale, dove ogni materia può essere può essere insegnata a chiunque a qualsiasi età, in forma semplificata.

L'affermazione della psicologia cognitiva ha modificato l'approccio alla psicologia dell'educazione.
Sono ancora vive correnti psicanalitiche, umanistiche, neopiagetiane e di altro genere, che danno l'impressione di dispersione e grande libertà di vedute, ma si tratta di movimenti di pensiero che, seppure importanti, sono forti più che altro in ambito clinico e che si collocano ai margini della psicologia sperimentale.
Gli esponenti come Rogers e Bruner, sono stati psicologi che, muovendo dalle loro competenze, hanno analizzato l'attività educativa e avanzato proposte di miglioramento didattico.


Oggi non si tende più a formulare concezioni globali dell'educazione come quelle di Rogers e Bruner, ma si preferisce prendere in esame problemi specifici e cercare risposte adeguate.
La psicologia cognitiva ritiene che il mondo dell’educazione non è un settore di applicazione, ma è una realtà da capire e descrivere e quindi non viene più considerata solo il lavoro dello studente, ma anche la situazione reale e le sue componenti che sono: caratteristiche dell’allievo, prove di valutazione, materiali didattici e attività di studio. La psicologia cognitiva inoltre prende in esame i problemi specifici, perché astrazioni troppo ampie rischiano di non poter avere un riscontro empirico e di non essere scientifiche.
Gli oggetti di studio della psicologia cognitiva sono le attività mentali, le motivazioni, le emozioni, i sentimenti, i comportamenti delle persone nei contesti di vita in cui si fa educazione e viene considerata anche la dimensione affettiva e sociale dell’esperienza scolastica.




2.LA PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE: SVILUPPI DELLA LEARNING THEORY E PSICOLOGIA DELLA GESTALT

La learning theory ha avuto tre sviluppi importanti, che da un lato hanno segnato progressi significativi nella psicologia dell'educazione, dall'altro hanno messo in evidenza limiti
dell'approccio centrato sull'apprendimento e basato sul condizionamento.

Il risultato più significativo è stato l'introduzione della procedura dell'analisi del compito, che, partendo dallo studio di come opera l'esperto, cerca di definire con esattezza il piano
comportamentale da seguire per svolgere ciascuna attività pratica a cui addestrare le persone.
Altro sviluppo importante per questa teoria è stata l'istruzione programmata, cioè l'introduzione di macchine per imparare, cioè che degli apparecchi dedicati all'istruzione che permettono di “accelerare l’apprendimento” attraverso l’applicazione delle tecniche dell’istruzione programmata, basate sul presupposto, sperimentalmente dimostrato, che l’apprendimento ha luogo quando il comportamento viene “rinforzato” .

Il terzo sviluppo della learning theory è la creazione di tassonomie degli obiettivi educativitra le quali le più note sono quelle di Bloom.
Le tassonomie si sforzano di specificare gli obiettivi che gli insegnanti si prefiggonoesprimendoli in precisi termini comportamentali e di disegnare un quadro organico degli
obiettivi da perseguire.

Durante L'egemonia della learning theory, gli psicologi della Gestalt hanno dato vita a un orientamento opposto.
La psicologia della Gestalt muove da una diversa concezione dell'apprendimento; imparare implica la partecipazione attiva del soggetto, e non si riduce a processi meccanici controllabili
dall'esterno.

L'apprendimento cognitivo è la forma ideale di apprendimento, perché risparmia la lunga procedura per tentativi ed errori del condizionamento.
E' ancora più efficace se è apprendimento intelligente, cioè se l'individuo coglie proprio gli elementi che servono, grazie al fatto che gli vengono suggeriti da una schemi o perché li scopre.

1.PSICOLOGIA DELL' EDUCAZIONE: ORIGINI

La psicologia dell’educazione rappresenta un’area della psicologia ben definita, che si occupa degli aspetti psicologici dei processi e delle attività educative, con impostazioni e metodi propri e con una chiara posizione disciplinare, sia nell'ambito della psicologia sia nel quadro più vasto delle scienze dell’educazione e più in generale di quelle storico-sociali e dell’uomo.


Edouard Claparède (1873-1940), insegnò psicologia sperimentale a Ginevra, appartiene alla corrente del funzionalismo, la quale sostiene che la mente ha un valore funzionale tra individuo e ambiente, per permettere all'individuo di adattarsi al mondo e vivere. È importante quindi potenziare le capacità di riuscire a rapportarsi in modo efficace alla realtà. L’obiettivo dell'educazione non può più essere quello di trasmettere specifici contenuti o modellare i comportamenti secondo determinati schemi.
Contano l’inclinazione, la disponibilità a pensare e il modo di pensare più che le nozioni o raggiungere specifici apprendimenti. La mente degli studenti è uno strumento di vita e va rispettata, inoltre occorre seguire i bisogni e gli interessi dei ragazzi.


Edward Lee Thorndike ( 1874- 1949) nella storia della psicologia è estemamente importante anche perché ha fondato la psicologia dell’educazione, dedicandovi il resto della sua vita. A lui dobbiamo la denominazione di “educational psychology”, la prima delimitazione del campo e il fatto che la disciplina sia stata accreditata a livello istituzionale e accademico.
Thorndike lavorò a estendere i principi scoperti, nella sperimentazione animale, ai soggetti umani e in particolare ai bambini e adolescenti; cercò di formulare consigli utili per gli insegnanti, di trarre dalla sua teoria dell’apprendimento suggerimenti applicativi in ambito scolastico; formulò la legge dell’effetto per cui i ragazzi tendono a ripetere le azioni per cui sono premiati. Thorndike media tra la teoria psicologica e la pratica scolastica sforzandosi di calare le leggi dell’apprendimento nel contesto. Insiste sull'importanza della chiarezza della comunicazione tra insegnante e allievo, sulla chiarezza delle consegne e su cosa sia un errore e che cosa sia desiderabile.
Scoprì l'effetto alone: la distorsione di giudizio per cui gli insegnanti tendono a considerare un allievo positivo in tutto o al contrario negativo in tutto.

Con il termine Learning Theory si designa solitamente un filone di studi psicopedagogici, che ha dominato specie negli USA, fino alla metà del XX secolo, sviluppandosi a partire del lavoro di Thorndike. Il maggiore esponente di questa teoria è B.F.Skinner, che introduce il condizionamento operante per il controllo su basi scientifiche del comportamento e della vita umana. L’educazione è vista come controllo sociale destinata quindi a produrre negli individui comportamenti desiderabili che generano una società civile e felice. La “learning theory” prevede l’apprendimento di abilità per rinforzo, la scomposizione degli apprendimenti complessi in sequenze semplici e che il ruolo dell'insegnante sia solo di creare un ambiente favorevole.
Secondo Skinner l'analisi della scuola, in base alla scienza del comportamento, indica che oggi è necessario incentivare i ragazzi presentando lo studio in maniera piacevole e attraente. Le punizioni sono chiaramente sconsigliabili per gli effetti negativi ormai noti da tempo nell'esperienza scolastica.





3.PSICOLOGIA DEL LAVORO: OGGI


Ci sono VARI ORIENTAMENTI:
· FILONE DEL O.D. (ORGANIZATION DEVOLOPTEMENT in USA): le organizzazioni sono flessibili e adattabili agli ambienti in cambiamento;
· ANALISI CULTURALE: (in USA): la cultura organizzativa, le convinzioni e i simboli sono condivisi dentro l’organizzazione (spesso a livello latente);
· ANALISI STRATEGICA: studio dei sistemi organizzativi che regolano i comportamenti dentro le organizzazioni.


PUNTI CENTRALI COMUNI: 
· LO STUDIO DELLE ORGANIZZAZIONI: ogni aspetto è esaminato nel quadro del sistema organizzativo (cioè problemi, attività, compiti…), visto come elemento dello scenario più ampio della vita aziendale;
· L’ORGANIZZAZIONE E’ UN  SISTEMA COMPLESSO: ovvero è l’intreccio di un’istituzione formale (burocratica,tecnica ed economica), informale (relazioni interpersonali, cultura aziendale) e realtà individuali;
· L’ORGANIZZAZIONE E’ UN’UNITA’ PRODUTTIVA IN RAPPORTO DINAMICO CON L’AMBIENTE: le organizzazioni si collocano in un ambiente materiale, economico, sociale e storico. Esse trasformano il mondo intorno a loro e ne vengono trasformate. Devono pensare ad adattarsi all’ambiente, ad integrarsi ad esso;
· I LAVORATORI SI COMPORTANO STRATEGICAMENTE: esistono vincoli e condizionamenti dentro le organizzazioni. I lavoratori in parte seguono le regole contrattate  con gli altri e con l’organizzazione, in parte sono liberi;
· EVITARE PRECONCETTI E SEMPLICISMI: prevale la tendenza a lavorare con teorie di medio raggio, badando alle circostanze e ai casi particolari;
· ASSUMERE UNA PROSPETTIVA ECOLOGICA: c’è grande attenzione alle realtà concrete della vita quotidiana e ai contesti storico-sociali e culturali, in cui il lavoro si svolge (miracolo giapponese: dovuto oltre al management, anche ad un particolare backgroud culturale dei lavoratori di scarso individualismo).


ATTIVITA’ DELLO PSICOLOGO DEL LAVORO:

SELEZIONE DEL PERSONALE:
· Valutazione degli aspiranti ad un posto di lavoro, in vista anche di un collocamento ottimale all’interno dell’azienda.
· Individuazione delle esigenze formative, favorendo l’inserimento del personale assunto.

ORIENTAMENTO PROFESSIONALE:
L’orientamento professionale è l’attività volta a facilitare l’inserimento professionale. E’ rivolta prevalentemente agli adolescenti e ai giovani, con interventi (possibilmente) continuativi, coordinati e cauti.

FORMAZIONE:
E’ l’attività volta a sviluppare le competenze tecnico-professionali dei lavoratori, finalizzate sia alle mansioni che si è chiamati a svolgere, sia a tutti i problemi connessi col lavoro (relazioni, attività di gruppo, riunioni, squadra). 
Sensibilizzazione: le persone vengono rese più attente e sensibili a determinati modi di leggere le cose;
Strumenti organizzativi: suggerire procedure, strategie, modalità di comunicazione.

ERGONOMIA:
Essa studia il rapporto uomo-macchina-ambiente, cercando di sviluppare il massimo adattamento reciproco. In particolare per: 
· MACCHINA;  creare strumenti   facili da  usare,  con  strumentazione    facilmente  leggibile ,  curare il design della  macchina, perchè  sia  bella  e  funzionale. 
· AMBIENTE:  studio  del microclima sul posto  di lavoro, 
· posto fisico, rumori e stimoli  che  circondano il lavoratore.

FINALITA’:
· Benessere e produttività
· progettare attrezzature di fabbrica
· impostare una lavorazione
· correggere o adeguare una situazione

INTERVENTI ORGANIZZATIVI: 
Il lavoro è commissionato da aziende quando vanno incontro a qualche cambiamento o, se hanno problemi specifici da risolvere.







2.PSICOLOGIA DEL LAVORO: TAYLOR E MAYO

LE RICERCHE DI TAYLOR
Come  risposta  ai problemi organizzativi  del  lavoro  troviamo l’opera di  Taylor;
 Questo autore aveva svolto vari lavori (manovale, caposquadra, ingegnere) e aveva osservato che il lavoro era   effettuato in modo irrazionale.
Voleva incrementare la produttività tramite:
· la scelta delle persone adatte ad ogni attività;
· l’uso di una procedura adatta, che dia i risultati migliori, anche se a prima vista può sembrare controproducente;
· l’addestramento adeguato del personale;
· un sistema di incentivi;
· la creazione di un organo centrale (ufficio di pianificazione);
· la cooperazione e la fiducia, cioè attenersi al proprio ruolo.
I risultati furono positivi:
· la produzione aumentò
· ci  fu una riduzione del personale
· la diminuzione dei costi
· gli stipendi più alti

 Le  Critiche a questo sistema organizzativo furono che   
· Veniva trascurato il punto di vista dell’operaio; la vita informale dell’azienda (i rapporti sociali, la vita interna degli operaie i momenti di riflessione tra loro);
· la cattiva applicazione del metodo da parte di qualcuno aveva prodotto  effetti indesiderati;
· si verificava l’aumento della disoccupazione;
· aumentava di molto l’usura fisica  e mentale  degli operai;
· si era creata una  visione meccanicistica della fabbrica e degli operai ( considerati  come  pezzi delle macchine)
· non erano prese in considerazione le motivazioni intrinseche (curiosità, sfide, realizzazione) dei lavoratori, puntando solo sugli incentivi in denaro;
· non sempre il lavoro è adatto a chi lo fa, anche se lo fa bene (rischi di danni)

LE RICERCHE DI E. MAYO
Sono ricerche sul rendimento alla “Western Electric”  nella  città americana  di Hawthorn;  
osservò  che contano di più gli aspetti soggettivi e la vita informale della fabbrica, mentre contano poco gli incentivi (gli operai mantengono un regime fissato da loro, indipendentemente  da  quanti  incentivi abbiano a disposizione).
Mayo definì questo risultato  l’ Effetto Hawthorn, cioè  gli operai aumentavano  la produttività indipendentemente  dai  cambiamenti introdotti  da  Mayo, sia  che  fossero  a loro  favore  o sfavore, in quanto  sapevano di essere  oggetto della  ricerca  e  sotto  osservazione.

Ci sono stati degli sviluppi  di questi  studi, definiti il filone delle relazioni umane:
· creare un clima favorevole con il “counseling”: si organizzano incontri con uno psicologo per sfogarsi e parlare
· i capi devono curare i rapporti umani e sensibilizzarli con gruppi esperienziali
· valore positivo di coesione e leader caldi e sensibili

CRITICHE AL FILONE DELLE RELAZIONI UMANE
· si crea una contrapposizione tra organizzazione e spontaneità: invece questi due  aspetti   si integrano; l’organizzazione può anche piacere a molte persone;
· è troppo concentrato sulla produttività, trascurando il piacere del lavoro;in seguito si studierà come migliorare la vita lavorativa;
· sono stati trascurati i fattori organizzativi, le mentalità diffuse, le strutture;
· visione meccanicistica: l’operaio è controllabile;
· schematismo della  formula : solo coesione e leader orientati alla relazione.


1.PSICOLOGIA DEL LAVORO: STORIA


Nel corso del tempo la concezione del lavoro è cambiata. Si è passati da una visione totalmente negativa, sostenuta fino al Medioevo, ad una sua valorizzazione, con l’Idealismo e il Romanticismo.
I filosofi antichi e medioevali, pur riconoscendo che il lavoro soddisfa i bisogni primari e comporta il dominio della natura (tipicamente umano), ne sottolineavano il costo, in termini di privazioni, fatica, pena. Secondo questi l’ideale per l’uomo è affrancarsi dalla schiavitù della produzione e degli impegni materiali. Durante il Medioevo e l' Età antica, il lavoro veniva considerato come un male necessario (fatica-pena); l’ideale è la vita contemplativa, libera dagli impegni materiali;
dal Rinascimento in poi c’è stata una rivalutazione del lavoro; nascono professioni tra manualità ed intelletto: artigiani, scienziati;
secondo Hegel (idealismo) il lavoro incivilisce, sviluppa l’intelletto, umanizza: si lavora per gli altri;
secondo Marx il lavoro fa l’uomo, ma le condizioni oggettive sono sfavorevoli: divisione del lavoro (sfruttamento); l’operaio è un oggetto, una merce in vendita; inoltre abbiamo la degradazione delle condizioni del lavoro in cui l’operaio agisce.
Secondo A. Smith con la divisione del lavoro è possibile alleggerire il lavoro a tutti, ma si diventa stupidi e ignoranti, nella continua ripetizione delle stesse operazioni.

La domanda che si pone la psicologia è se il lavoro può essere liberato dal lato negativo e diventare benessere, autorealizzazione.

Storia:
dal XIX secolo la psicologia del lavoro è legata alla medicina del lavoro (fatica, infortuni, problemi psicologici). 1891: A. Mosso esegue delle ricerche sulla fatica degli operai;
H. Munstenderg (1913): “Efficienza industriale” U.S.A.;
J. M. Lahy (1908): selezione personale, lavoro impiegati;
Prima Guerra Mondiale: ha dato l’impulso alla ricerca per valutare attitudini e destinazione.

U.S.A.:
Dall' inizio del XX secolo c’è stato il forte fenomeno della modernizzazione e della concorrenza, che ha determinato:
bassi costi e alta produzione,
associazioni, trusts, sindacati,
sviluppo tecnologico (ingegneri in fabbrica),
necessità di organizzare il lavoro, creare manager;
necessità di creare una fascia intermedia tra proprietari e operai;
necessità di organizzare il lavoro.


10. PSICOLOGIA CLINICA: L' IPNOSI


Il termine ipnosi, dal greco “sonno”, fu introdotto da James Braid nella prima metà del 1800, per le somiglianze che sembravano esserci tra le manifestazioni del sonno fisiologico e quelle che si avevano in quella condizione particolare.
Oggi sappiamo che il sonno non ha nulla a che fare con l'ipnosi. Essa è infatti un fenomeno psicosomatico, cioè che coinvolge sia la dimensione fisica che quella psicologica del soggetto, apportando modifiche anche a livello comportamentale.
Una delle prime definizioni su base scientifica, venne fornita da Erickson, il quale la definì come un tipo molto particolare di comportamento complesso e insolito che può essere sviluppata da tutte le persone. Secondo i suoi studi, la persona non solo mantiene la capacità di usare la volontà e la ragione, ma dimostra anche di essere meno manipolabile, al punto che non è in alcun modo possibile costringerla ad agire contro il suo volere.

Diversi furono i testi scritti da tale scrittore riguardanti l'ipnosi. In seguito alle affermazioni e agli studi di Erickson, molti studiosi si occuparono del fenomeno, formulando teorie che spaziavano dalla possessione diabolica, pratiche magiche, nevrosi, sino a parlare addirittura di suggestione.
Le fonti più remote corrispondono ad alcune incisioni egizie raffiguranti una seduta ipnotica. Attraverso altre testimonianze, si è risaliti al fatto che molte antiche civiltà usassero l'ipnosi in ambito terapeutico. Ad oggi sono numerose le potenzialità di tale pratica utilizzate in ambito medico.

Il soggetto in ipnosi risulta in grado di modificare i suoi parametri fisiologici, come il battito cardiaco, la respirazione ecc..; può inoltre modificare i significati di esperienze passate e ricordare quelle remote. La persona per mezzo dell'ipnosi è in grado di ampliare e ridimensionare le proprie emozioni.
Per quanto riguarda lo svolgimento della terapia, l'ipnotista, deve esser in grado di valutare la costituzione psicofisica del soggetto da trattare.

Esistono diversi tipi di terapie ipnotiche:
-l'ipnoterapia, la quale viene utilizzata da molti specialisti, quali psichiatri e psicoterapeuti, per intervenire sulle nevrosi o sulle dipendenze (alcol..), sui disturbi sessuali e alimentari; gli ostetrici e i ginecologi nella preparazione ai parti; gli anestetici e gli odontoiatri nel controllo del dolore, nella preparazione agli interventi chirurgici, ma anche gli oncologi nelle diverse fasi della malattia, inducendo calma e incoraggiamento.

-l'ipnosi extraclinica che si occupa di rafforzare la personalità, di motivare lo studio, di controllare ansia e fatica sportiva. È inoltre utilizzata per scopi militari, nei programmi spaziali e nello studio di fenomeni paranormali.

-l'autoipnosi, cioè la realizzazione dello stato ipnotico su se stessi, atta a controllare ansia e a correggere comportamenti inadeguati, come mantenere una dieta ecc..

Secondo molti studiosi le esperienze che un soggetto è sollecitato a ricordare, sono frutto di fantasia o di ricordi vaghi. Per tale motivo, sul piano giuridico, testimonianze ottenute tramite ipnosi, non han valore. Di questo parere è anche Piero Angela che, insieme al suo collaboratore, ha messo in dubbio nel suo libro “viaggi nella scienza”, l'efficacia dell'ipnosi, dimostrando che le cose ricordate come reali, sono solo intensamente immaginate.


Nonostante l'ipnosi non sia molto conosciuta e applicata in Italia, è comunque legittimata nel principio della libertà terapeutica e dovrebbe essere praticata solamente da professionisti, in caso contrario è punita dall'articolo 348 del codice penale. Sono oltre sì punibili le persone che inducono ad un atto illegittimo il soggetto sotto ipnosi.
In seguito a questa ricerca possiamo dunque affermare con certezza che l'ipnosi è una tecnica che è stata molto sfruttata nel corso della storia anche se non è ancora del tutto possibile definire il suo grado di verità, in quanto i pareri degli studiosi, son tra loro ancora discordanti.



9. PSICOLOGIA CLINICA: L' AUTISMO



Nel periodo infantile si possono verificare disturbi che compromettono la capacità di relazione e socializzazione; spesso compaiono insieme al ritardo mentale.
Tra le forme più gravi possiamo ricordare l’autismo infantile, che si manifesta in modo evidente nei primi tre anni di vita.
La sua incidenza è di circa 15 casi ogni 10mila nati. La sua individuazione risale allo psichiatra Leo Kanner. Il termine è stato coniato nel Novecento per connotare un soggetto ripiegato su se stesso, vistosamente asociale.
Non se ne conosce a sufficienza l’origine, su cui probabilmente influiscono fattori diversi, da quello genetico a quello ambientale. C’è chi ad esempio riconduce la causa ad un cattivo rapporto con i genitori (la madre soprattutto) e chi invece lo collega ad un problema organico, quello dell’intolleranza alimentare (in particolare al glutine).
Per quanto riguarda la sintomatologia, il soggetto affetto da autismo:
  1. Esprime una forte sofferenza sul piano relazionale
  2. Guarda l’interlocutore come se non ci fosse
  3. Non è in grado di sperimentare condivisioni (materiali e di esperienze) con gli altri
  4. Manifesta ritardo soprattutto nel linguaggio, che risulta povero e ripetitivo
  5. Rifiuta il contatto fisico
  6. Può manifestare atteggiamenti violenti
In età avanzata si manifesta una “ritualità”: consiste in un movimento pendolare, cioè oscillatorio, che si conclude soltanto con l’urto dei sistemi protettivi. Ma il segnale più vistoso è la crescente apatia del soggetto autistico, che desidera evitare ogni cambiamento nel suo stile e nel suo ambiente di vita.

Diventato adulto, in certi casi e se opportunamente accompagnato da figure terapeutiche, può arrivare a condurre una vita autonoma. Le terapie o gli interventi, di tipo medico ed educativo/comportamentale, vengono scelti in base ai sintomi specifici che l’individuo manifesta. L'autismo è trattabile ed è importante iniziare in fase precoce; si inizia con stimoli artificiali, rinforzi, per indurre comportamenti accettabili o ridurre quelli autolesivi e ripetitivi. Trattando ogni errore del sistema metabolico è possibile un cambio graduale e un miglioramento delle condizioni di salute e del comportamento. Non esistono farmaci che agiscono sul nucleo essenziale del disturbo. Si ricorre agli antipsicotici per ridurre i comportamenti ossessivi e aggressivi.