Jean
Piaget (1896-1980), nacque in Svizzera e per quasi tutta la sua
lunga vita (dai 20 anni agli 84) ha studiato lo
sviluppo della conoscenza e dell'intelligenza nei bambini,
lavorando sui suoi tre figli e su soggetti sperimentali, con quello
che chiama metodo
clinico (
un misto di osservazioni, test, interviste, quasi-esperimenti).
Il
suo lavoro si è svolto per tutto il tempo in Europa,
prevalentemente a Ginevra, dove ha fondato il Centro di epistemologia genetica
dando vita assieme ad allievi e collaboratori alla cosiddetta scuola
di Ginevra.
Piaget
vede la mente come un organismo vivente in rapporto con l'ambiente
che si accresce e che si modifica anche qualitativamente.
Lo sviluppo della mente, quindi, è dato dall'interazione
dell'individuo con l'ambiente. Occorre che il sistema nervoso e
l'intero fisico crescano normalmente e che il bambino apprenda con
l'esperienza diretta, l'imitazione e l'insegnamento.
Tuttavia
maturazione biologica e apprendimento sono semplicemente condizioni
di base, formano la scena dello sviluppo. E'
decisiva l'autogenerazione, il fatto che il pensiero si costruisca da sé nel rapporto
individuo-ambiente.
Piaget
individua i meccanismi fondamentali dello sviluppo, che chiama
invarianti
funzionali.
Si tratta di un complesso di principi sempre operanti in tutte le età
che spiegano come la conoscenza possa accrescersi da sé nel
corso dell'interazione individuo-ambiente.
Il
pensiero, da un lato, risponde a criteri di organizzazione,
cioè
la
mente si struttura come insieme coerente di schemi, concetti e
strategie.
Dall'altro
va incontro all' adattamento attraverso
l'assimilazione
(si
integrano i dati con gli schemi e la conoscenza già posseduta)
e
l'accomodamento
(si
modificano gli schemi in funzione delle novità incontrate).
C'è
poi il principio dell'equilibrazione, che evita sbilanciamenti in un senso o nell'altro e fa funzionare il
tutto.
Piaget,
però, non si è limitato alle teorie generali, ma ha
descritto in dettaglio lo sviluppo dell'intelligenza infantile,
distinguendo con finezza una serie di stadi,
forme di pensiero diverse, di livello via via superiore, che si
susseguono secondo una precisa sequenza a carattere universale.
Nel PERIODO SENSO-MOTORIO (0-2 anni) il bambino è sprovvisto di rappresentazioni mentali e conosce il mondo solo in modo senso-motorio, attraverso le reazioni circolari, intervenendo cioé sulle cose, percependo gli effetti delle sue manipolazioni e tornando a manipolare.
Nel PERIODO SENSO-MOTORIO (0-2 anni) il bambino è sprovvisto di rappresentazioni mentali e conosce il mondo solo in modo senso-motorio, attraverso le reazioni circolari, intervenendo cioé sulle cose, percependo gli effetti delle sue manipolazioni e tornando a manipolare.
Col PERIODO PREOPERATORIO (2-6
anni) il bambino conquista la capacità di produrre rappresentazioni mentali. Come conseguenza non deve più imparare per tentativi ed errori, ma può lavorare su mappe mentali e ricorrere ad apprendimenti cognitivi intelligenti. Tuttavia prima dei 6 anni il bambino ha un pensiero rigido: riesce a considerare una cosa per volta, fa fatica a immaginare trasformazioni e a vedere le cose da punti di vista diversi dal suo ed è ingenuo e poco astratto nei ragionamenti.
Il PERIODO DELLE OPERAZIONI CONCRETE(6-12 anni) è
contrassegnato dalla capacità di immaginare trasformazioni della realtà e di compiere manipolazioni mentali delle cose secondo determinate regole. Questo porta ad acquisire il principio di conservazione, del numero, della quantità di liquido, della massa, del volume. Matura anche la logica delle classificazioni, in particolare si afferra il principio dell'inclusione, il fatto che ci sono categorie comprese in altre.
Col PERIODO DELLE OPERAZIONI FORMALI (12-16 anni), l'ultimo, si applicano le operazioni mentali a situazioni ipotetiche, si ragiona sul mondo del possibile. La nuova abilità mette in condizione di fare disegni sperimentali per analizzare la realtà e rende i ragazzi capaci di procedimenti metodici e sistematici nella soluzione dei problemi, simili a quelli degli scienziati.