Le rappresentazioni
sociali esprimono la "costruzione" di un oggetto
sociale, modificabile e reinterpretabile da parte di una comunità.
La finalità di ciò sta nel poter comunicare
sull'oggetto costruito socialmente.
Lo
psicologo Serge
Moscovici contrappose
questo concetto a quello originario di rappresentazioni
collettive di Emile
Durkheim.
Le rappresentazioni sociali, o teorie
del senso comune, vengono costruite per la necessità di
prendere decisioni importanti e per gestire la mancanza di
informazioni precise, a livello individuale, su un tema di interesse
collettivo.
Negli ultimi tempi i mass media hanno
messo a disposizione della collettività una gran quantità
di informazioni circa mondi culturalmente diversi, ideologie, valori
e modi di pensare molto lontani dal proprio mondo conosciuto; il
processo di globalizzazione richiede conoscenze e competenze molto
superiori a quelle possedute da qualsiasi individuo.
Sempre di più anche le teorie
scientifiche, inerenti ad esempio la medicina, la psicologia, la
biologia diventano oggetto di rappresentazioni sociali che permettono
alle persone di indirizzare il proprio comportamento in maniera
ritenuta competente.
Le rappresentazioni sociali si diffondono e si radicano nella società e ci guidano nella comprensione della realtà quotidiana. Le rappresentazioni sociali si diffondono attraverso film,canzoni, tv, riviste e attraverso di esse la società si trasforma.
Sono formate da un nucleo che è costituito da immagini che danno concretezza e da un alone, che sono le conoscenze organizzate di contorno e che si accrescono con il tempo.
“Le discussioni dei caffè, dei circoli, dei salotti, così come le chiacchiere fatte dalle casalinghe nei centri commerciali e sui pianerottoli dei condomini, sono piene di argomenti scientifici, o religiosi, o morali, o ideologici, trattati in modo competente, anche se ad un livello di precisione misurato su quanto appare sui giornali o alla televisione. Come si cura il cancro, quali sono le probabilità di sopravvivenza ad esso, come si allevano i bambini, perché ci sono i terremoti… su ognuno di questi argomenti si constata l’accordo e il disaccordo, l’esistenza o meno di un discorso comune” (Palmonari A. 2002, pp. 85-86).